“Passiamo all’altra riva” è parola di migranti, è parola di cercatori di vita, è parola di coloro che tentano il destino e vogliono dare dignità a sé stessi e ai propri figli, cercano pane per la propria famiglia e lottano per il futuro dei propri figli. È parola di chi scappa da violazione di diritti umani, da conflitti e guerre, dalla fame.

³⁵In quel medesimo giorno, venuta la sera, disse loro: «Passiamo all’altra riva». ³⁶E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui. ³⁷Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. ³⁸Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?». ³⁹Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. ⁴⁰Poi disse loro: «Perché  avete paura? Non avete ancora fede?». ⁴¹E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?».               (Mc 4,35-41)

Tesfom ragazzo eritreo sbarcato a Pozzallo nel 2017 e deceduto qualche giorno dopo lo sbarco.

“Passiamo all’altra riva” non è parola di Messia ma mi commuove sentire questa espressione sulle labbra di Gesù. Pensare che anche lui sia stato attraversato dallo stesso sentimento e ha avuto la medesima necessità di prendere una barca a prestito per andare oltre e abbandonare una sponda verso un’altra. “⁶E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca” (v.36). “Così com’era” è espressione bellissima, custodita tra due virgole nel Vangelo. “Così com’era”, col suo carico di umanità e di speranze nel cuore, con l’attesa di una mietitura, con una missione da compiere. “Così com’era”, senza cavalcare le nubi quanto una tempesta, perché è questo che l’aspetta. Ma quella tempesta Gesù riesce a metterla  a tacere. Sgrida, minaccia il vento e le onde alte. Perché Gesù non lo fai ancora oggi in quel Mediterraneo trasformato in cimitero a cielo aperto come andiamo ripetendo da troppo tempo e come lo stesso Papa Francesco ci ricorda continuamente? L’unica risposta che riesco a darmi è che purtroppo la tempesta da sedare non è tanto quella delle acque e del vento, quanto piuttosto quella degli egoismi umani che non consentono di socchiudere una porta o di spalancarla all’accoglienza. E allora, o Signore, ti preghiamo: metti a tacere questo vento, minaccia queste onde, ovvero egoismi e chiusure. Soprattutto – e non come consolazione – come esigenza profonda del cuore: stringi a te tutti i bambini e le bambine, gli uomini e le donne che, attraversando tutti gli specchi d’acqua del mondo, cercano in un’altra riva, un’altra vita. Stringili a te e fa’ sentire loro che oltre la morte c’è un Allah (è il nome arabo di Dio) che non disprezza, non caccia via, non respinge e non costringe a barche di fortuna, ma accoglie pienamente e spezza con loro il pane della vita vera, eterna. Almeno quella! Ma ti prego, calma le nostre tempeste. (Tonio dell’Oglio)