Si è spento padre Giuseppe Mattedi, classe 1926

“Il padre che sorrideva sempre”. Così lo chiamavano, e lo ricordano, tante persone che lo hanno conosciuto anche solo di sfuggita ma che sono rimaste colpite da questo tratto caratteristico di padre Giuseppe Mattedi.

Questa mattina, a Treviglio, la comunità dei Padri Bianchi, insieme a parenti, amici e conoscenti e un bel numero di sacerdoti diocesani, ha accompagnato padre “Bepi” nell’ultimo viaggio. Dopo la messa esequiale celebrata nella chiesa del Conventino, la salma è stata tumulata nella cappella dei sacerdoti nel vicino cimitero cittadino.

Bolzanino di nascita, (papà tirolese e mamma tedesca, di Monaco di Baviera), si trova costretto, ancora bambino, ad emigrare a Torino insieme alla famiglia a causa della difficile situazione politica del Sud Tirolo. Già da piccolo vive sulla sua pelle il dramma di tanti sfollati e profughi che incontrerà poi nella sua vita missionaria.

Secondo di 5 figli (quattro maschi e una femmina), completa gli studi medi e superiori nel seminario diocesano. Dopo aver conosciuto i Padri Bianchi chiede di farne parte e nel 1947 arriva per la prima volta nel continente africano, a Cartagine, in Tunisia, dove i Padri Bianchi hanno il loro centro di formazione. Cinque anni dopo presterà il suo giuramento ufficiale di entrata nella Società missionaria e sarà ordinato diacono e sacerdote.

Nel 1953 rientra in Italia dove gli viene chiesto di occuparsi dei ragazzi nel seminario di Parella (Ivrea) e poi in quello di Treviglio (BG) appena costruito. Pur ammettendo di avere scarse doti per l’insegnamento, cerca di fare di necessità virtù con quella bonomia e dolcezza di carattere che sempre lo contraddistinguerà ma anche con la tenacia incrollabile che era un’altra delle sue caratteristiche

Nel 1961 riparte per l’Africa. Questa volta la destinazione è il piccolo Paese del Ruanda, dove padre Mattedi trascorrerà, a varie riprese, 45 anni. Nel 1994, anno del genocidio, è costretto a lasciare il Paese, ma va ad assistere i rifugiati in Tanzania e Burundi. Nel 1997 torna però in Ruanda dove rimane fino al 2006 quando rientra in Italia per un’operazione all’anca che però rivelerà anche altri problemi di salute. Consigliato di dire addio al Ruanda e alla missione in Africa, lo farà in un primo momento a malincuore ma si adatterà in fretta e affronterà con sorprendente vigore le sfide della nuova situazione.

Pur avendo qualche acciacco, padre Bepi non si è mai tirato indietro di fronte alle richieste che gli venivano fatte. Nei 13 anni che ha trascorso nella casa di residenza a Treviglio ha svolto il suo ministero sacerdotale in numerose parrocchie ma non solo; nella sua comunità è stato infermiere, sagrestano, giardiniere, addetto alla sicurezza, aiuto in redazione, barbiere e altro ancora.

Cinque settimane fa un’infezione, ancora non completamente chiarita neppure da innumerevoli esami medici, gli causa un arrossamento in tutto il corpo, gonfiore ed infine secchezza e distaccamento dell’epidermide. Dopo alcuni giorni di cura in casa che non portano a nessun miglioramento viene ricoverato all’ospedale di Treviglio. Reagisce molto bene alla prima terapia e mostra incoraggianti segnali di recupero. Purtroppo però l’infezione ritorna aggravata da un’altra patologia presa in ospedale. Le sue condizioni precipitano rapidamente. Gli ultimi giorni li trascorre pesantemente sedato. Il Signore lo libera dalla sua agonia chiamandolo a sé lunedì 9 settembre.