Veglie di preghiera per i cristiani perseguitati: è l’iniziativa lanciata dalla Cei per sabato 23 maggio, vigilia di Pentecoste.

La Conferenza episcopale Italiana ha proposto di dedicare, in Italia e in tutte le comunità del mondo disponibili, la prossima veglia di Pentecoste, sabato 23 maggio 2015, «ai martiri nostri contemporanei». Un’occasione preziosa per esprimere solidarietà alle Chiese sorelle, provate dalla persecuzione,  e per imparare da loro il coraggio di una fede testimoniata “a caro prezzo”.

Ecco il testo del comunicato:

«Esiste un legame forte che già ci unisce, al di là di ogni divisione: è la testimonianza dei cristiani, appartenenti a Chiese e tradizioni diverse, vittime di persecuzioni e violenze

solo a causa della fede che professano».  Con queste parole il Santo Padre ha ricevuto i membri della Commissione internazionale anglicana-cattolica (30 aprile 2015). Si tratta solo dell’ultimo intervento del Papa in ordine alla tragedia di tanti cristiani e di tante persone i cui diritti fondamentali alla vita e alla libertà religiosa vengono sistematicamente violati.

Questa situazione ci interroga profondamente e deve spingerci ad unirci, in Italia e nel mondo, in un grande gesto di preghiera a Dio e di vicinanza con questi nostri fratelli e sorelle. Imploriamo il Signore, inchiniamoci davanti al martirio di persone innocenti, rompiamo il muro dell’indifferenza e del cinismo, lontano da ogni strumentalizzazione ideologica o confessionale.

Da qui la proposta di dedicare, in Italia e in tutte le comunità del mondo che vorranno aderire, la prossima Veglia di Pentecoste, sabato 23 maggio 2015, ai martiri nostri contemporanei.

A questo scopo si sta inoltre lavorando ad un progetto di diffusione – attraverso i social media – di testimonianze e storie, dai diversi paesi: racconti di fede e di amore estremo, eventi di condivisione, fatti di carità. Sono moltissimi i cristiani e gli uomini di ogni confessione capaci di testimoniare l’amore a prezzo della vita. Tale testimonianza non può passare sotto silenzio perché costituisce per tutti una ragione di incoraggiamento al bene e di resistenza al male.

Sui social: #free2pray


ALCUNI TESTIMONI DELLA FEDE IN AFRICA

KENYA
Il Giovedì santo 2015 ben 147 studenti dell’Università di Garissa sono stati trucidati da un commando di Shabaab somali, membri della rete di Al Qaeda in Africa Orientale. I terroristi hanno separato i musulmani dai cristiani e ucciso questi ultimi in modo brutale.

CONGO
Il 25 febbraio scorso è stato ucciso, in un apparente tentativo di rapina, don Jean-Paul Kakule Kyalembera , l’economo della parrocchia di Mweso, nel Nord Kivu, nell’est della Repubblica Democratica del Congo. Nella stessa zona, dal 19 ottobre 2012 sono spariti tre sacerdoti assunzionisti, rapiti dalla parrocchia di Notre-Dame des Pauvres di Mbau. Di loro si continua a non avere notizie.

BURUNDI
Tra il 7 e l’8 settembre 2014 tre missionarie saveriane italiane sono state uccise con efferatezza nella missione “San Guido Maria Conforti” di Kamenge, quartiere periferico di Bujumbura, capitale del Burundi. Suor Lucia Pulici, suor Olga Raschietti e suor Bernadetta Bogian avevano trascorso la loro vita in Africa, e nonostante l’età avanzata e problemi di salute, erano appena rientrate in Burundi perché desideravano tornare dalla loro gente, che le amava. Per loro volontà sono state sepolte in Congo.

LIBERIA E SIERRA LEONE
La Famiglia religiosa dei Fatebenefratelli (Ordine ospedaliero di San Giovanni di Dio) nel corso del 2014 ha perso in Liberia e Sierra Leone quattro confratelli, una religiosa e tredici collaboratori degli ospedali di Monrovia e Lunsar: hanno contratto il virus nel loro generoso impegno di assistenza ai malati. «I nostri confratelli hanno donato la loro vita per gli altri, come Cristo, fino al punto di morire contagiati da questa epidemia», ha scritto fra Jesús Etayo, Priore generale dei Fatebenefratelli.

LIBIA
In febbraio, 21 copti egiziani vengono barbaramente decapitati dalle milizie dell’Is, dopo essersi rifiutati di convertirsi all’islam. Uno di essi, Guergues Milâd Sanyût, mentre il boia gli tiene la testa, sussurra le parole «Ya Rabbi Yasou» («Gesù, mio Signore!»).