P. Arvedo Godina

Mi trovo alla prigione di Bamako. Abbiamo una bella stanza, dataci dalla Direzione della Prigione e trasformata in Chiesetta dai prigionieri stessi. Tre ventilatori e due condizionatori d’aria. Cosa che non ho neppure al nostro Centro di Ntonimba. Comincio la santa Messa. Una quarantina di prigionieri cristiani, di cui molti di origine straniera sono presenti alla Messa. “Siamo qui riuniti per dire grazie a Dio perché il nostro amico Mahdi Christian Diarra verrà liberato dopo aver espiato la sua pena di tredici anni.”

Sento quasi un boato: “No! Padre, deve dire la Messa affinché non esca di prigione ma rimanga con noi. Se lui se ne va, chi ci cura? Ha salvato tante vite umane! Ci ha tanto aiutato! No! Mahdi, non lasciarci.” Ma quest’uomo era stato ferito in uno scontro con le forze dell’ordine. Non tocca a me dare un giudizio sul processo. Ma come conclusione il nostro amico Mahdi è stato processato e condannato a tredici anni di prigione come facente parte di una banda di malfattori. E’ venuto in carcere. Abbiamo fatto amicizia. “Sei medico. Fatti avanti. Domanda di aiutare all’infermeria della prigione.” Con una forza d’animo incredibile, giorno e notte, durante tredici anni si è messo al servizio degli ammalati. Una guardia m’ha detto: “Il tuo amico Mahdi lavora come tre dottori messi insieme. Quante persone ha salvato soprattutto di notte quando non c’è neppure un infermiere che lavori.” Il responsabile del servizio sociale della prigione davanti a tutti ha fatto questa bella testimonianza: “Nella mia lunga carriera al servizio della Prigione, non ho mai incontrato un prigioniero come il tuo amico. Mai una parola d’astio contro coloro che l’hanno accusato e condannato e tutti sappiamo che era una condanna ingiusta. Mai una parola di scoraggiamento. Sempre sorridente. Sempre pronto a rendere servizio. Sempre sulla breccia, notte e giorno per aiutare chi soffre.” Il Direttore della Prigione mi ha detto: “Il tuo amico Mahdi sarà liberato tra tre giorni. La sua liberazione mi pone un grosso problema soprattutto per gli interventi notturni. Non so ancora cosa potrò fare.” E durante la Messa Mahdi ha voluto ringraziare tutti. Aveva le lacrime agli occhi. Ha detto: « Mi sono convertito al cristianesimo quando ero giovane studente di medicina. Ho ricevuto il Battesimo. In prigione ho letto il Vangelo. Sono arrivato al capitolo 25 di san Matteo. Gesù ci dice: “Ero ammalato, e mi avete curato.” Ho cercato di mettere in pratica le parole di Gesù.» Non una parola contro chi l’ha condannato. Non una parola sulle difficoltà e sulle sofferenze della prigione. Una sola parola di conclusione. “Grazie, Signore, per questi tredici anni passati in prigione. Grazie, Signore, che mi hai dato l’occasione di fare un po’ di bene.”

p. Arvedo Godina