Riflessioni di padre Arvedo Godina (parte 2a)

La missione è fuoco

Sono venuto a gettare fuoco sulla terra e vorrei davvero che fosse già acceso Lc 12,49.

Questo fuoco non deve spegnersi. Quando vado nei villaggi, alla sera nei mesi freschi o freddi di novembre, dicembre, gennaio, la gente accende il fuoco. E bisogna continuamente riattivarlo e riattizzarlo.

Voi, gruppi missionari, amici dei missionari, avete il compito di riattivare questo fuoco della missione nel cuore delle vostre comunità pastorali, nelle famiglie, negli oratori, nei movimenti.

Il vostro compito è importante per la vita della Chiesa. Che cosa potrebbe fare un missionario senza il vostro aiuto? Che cosa avrebbe potuto fare San Paolo senza l’aiuto, spirituale e materiale, delle comunità cristiane di Filippi, di Efeso, di Antiochia?

Le varie Chiese della nostra Europa hanno fatto un lavoro missionario magnifico durante questi due ultimi secoli: la Chiesa cattolica, nostra Madre, Corpo mistico di Cristo, Popolo di Dio, non ha mai avuto durante la sua storia bimillenaria tanti nuovi figli come in questi due ultimi secoli. E questo fuoco missionario sta passando nelle vene e nelle arterie di tante giovani Chiese, dall’America all’Africa, all’Asia, all’Oceania. Missionari che partono dal Nigeria, dal Burkina, dal Kenya, dall’Uganda, dal Congo per portare il messaggio di Gesù ai quattro angoli della terra.

Avremo anche nella nostra bella e ricca Lombardia dei missionari africani per celebrare la santa Messa, animare le nostre comunità, essere testimoni di Cristo risorto. Il fuoco della missione non deve morire. Non può morire. Non morirà mai. Perché la Missione è per noi una persona viva, Cristo Gesù, che vive in eterno.

Non amo le statistiche ma dobbiamo sapere che solo il 19 % della popolazione mondiale si dice cristiana. Ci sono spazi umani immensi che non sono mai stati evangelizzati. Ci sono zone geografiche dove non è mai stato proclamato il Vangelo. Ci sono popoli e etnie che non hanno mai sentito parlare di Cristo morto e risorto. Non c’è nessun popolo, nessuna nazione che può proclamarsi cristiana, neppure il Vaticano.

Il lavoro missionario è immenso. “Guai a me se non proclamo il Vangelo!” scriveva san Paolo ai cristiani di Corinto.

55 anni fa la Chiesa Cattolica, il 7 dicembre 1965, sottoscriveva il documento Ad Gentes sull’impegno missionario della Chiesa stessa:

“ AG 2. La Chiesa durante il suo pellegrinaggio sulla terra è per sua natura missionaria, in quanto è dalla missione del Figlio e dalla missione dello Spirito Santo che essa, secondo il piano di Dio Padre, deriva la propria origine “.

Dieci anni dopo Paolo VI scriveva: “Non sarà inutile che ciascun cristiano e ciascun evangelizzatore approfondisca nella preghiera questo pensiero: gli uomini potranno salvarsi anche per altri sentieri, grazie alla misericordia di Dio, benché noi non annunziamo loro il Vangelo. Ma potremo noi salvarci se, per negligenza, per paura, per vergogna – ciò che S. Paolo chiamava «arrossire del Vangelo» – o in conseguenza di idee false, trascuriamo di annunziarlo? Perché questo sarebbe allora tradire la chiamata di Dio che, per bocca dei ministri del Vangelo, vuole far germinare la semente; dipenderà da noi che questa diventi un albero e produca tutto il suo frutto.”