La testimonianza da Goma di padre Pino Locati sul dramma dei profughi nella regione congolese del Nord-Kivu

Nell’Est della Repubblica democratica del Congo ci sono 2,6 milioni di sfollati. Solo nelle vicinanze di Goma si contano cinque campi che ospitano oggi circa 17.000 persone. Nel 2014 erano in 150.000, ma sono state in gran parte forzate a partire perche le autorita volevano dare l’immagine di una pacificazione in corso. Purtroppo la situazione è ancora critica e non si può chiedere a migliaia di persone anziane, disabili, donne e orfani di tornare nei loro villaggi di origine dove le case sono state distrutte.

Nei campi profughi, i più forti fanno piccoli lavori: commercio, calzoleria, trasporto di prodotti agricoli per terzi, sartoria. Vi sono anche piccole officine che producono sapone; la maggior parte della gente peròfatica a racimolare un piatto di polenta o fagioli. Nonostante ciò, la solidarietànon manca: gli orfani di guerra, per esempio, sono accolti da famiglie povere che non li abbandonano.

A gennaio, le autoritàhanno deciso di tenere aperti i campi fino a dicembre 2015. Ma il problema non èfacile da risolvere. Se il territorio non viene prima liberato dai guerriglieri, non saràpossibile chiedere agli sfollati di rientrare perchérischiano di essere uccisi o violentati. Nel Nord Kivu si conta una trentina di gruppi di miliziani che obbligano i civili, bambini e donne inclusi, a estrarre i minerali che alimentano un traffico illegale nel quale sono coinvolte autoritàe multinazionali. La commistione tra politica e malaffare blocca ogni possibilitàdi liberazione di queste popolazioni. Le forze Onu e la comunitàinternazionale sembrano anch’esse ostaggio di questa situazione drammatica.

Come dice Papa Francesco, la Chiesa deve fare una scelta: stare dalla parte degli oppressi. Da parte mia, voglio continuare a essere seminatore di speranza, incoraggiamento, sostegno nel terreno arido di una politica e di un’economia che pensa più al proprio interesse egoista che al bene comune.

padre Pino Locati